UN CAPITOLIUM… ANCORA DA COSTRUIRE
Il fotografo Giovanni Negri è curioso e non si lascia scappare l’occasione di documentare, lui che è abituato a immortalare industrie e macchinari, il più antico monumento urbano, quel che resta del Capitolium. L’edificio romano era stato rinvenuto nel terzo decennio dell’Ottocento, ma dopo la sistemazione di alcune sue celle ad ospitare il “Museo cristiano”, i mozziconi di colonne erano rimasti lì, in attesa di un possibile recupero, facendo per decenni da fondale alle scene tipiche delle incisioni del Piranesi per i turisti ammaliati dal grand tour.
Sul lato destro della fotografia si erge la mole della casa del custode, la cui rientranza, verso piazza del Foro, era stata scelta – con un portale adeguato – ad entrata museale sin dal 1840. L’edificio verrà demolito nel 1935, preludio agli attesi lavori di recupero complessivo dell’area.
Il regime fascista, che si ispira alla grandezza romana, ha in programma per il biennio 1937-1938 le manifestazioni per il bimillenario augusteo, alle quali Brescia, come Colonia civica Augusta, era chiamata a fare degna parte. E’ lo stesso podestà Fausto Lechi già nel 1934 ad annunciare, nell’occasione dell’annuale adunanza dell’Ateneo cittadino che, “Brescia nella attuale rinascente romanità, creata ed ispirata dal Capo animatore, non rimarrà seconda a nessuna consorella”, prevedendo di riprendere “il lavoro di scavo attento e paziente, con la guida e l’alto consiglio della Soprintendenza, nella zona prossima al tempio dov’è custodita la Vittoria e che la concorde dottrina ci indica come il Campidoglio di Brescia, unico esempio ancora esistente nelle città romane dell’alta Italia. A oriente il Teatro, a mezzodì il Foro e ancora più lontano la Curia; noi ci auguriamo di poter ridare alla luce gli archi e le colonne del nostro grande passato”.
Il progetto si avvia inizialmente con gli scavi nella zona archeologica di via Musei, di piazza Carducci (oggi detta del Foro) e di vicolo San Clemente. Poi è la volta del Capitolium. Gli scavi intendono mettere in evidenza l’edificio, occultato da muretti e giardini, in modo che potesse essere osservato transitando lungo via Musei. In seguito i lavori avrebbero dovuto estendersi alla piazza, cercando di porre in luce il lastricato del Foro. Il costo di questi scavi, ad una prima valutazione ammontava, secondo il podestà Lechi, a 200.000 lire.
I lavori sono rapidissimi e il recupero della scalea e delle porzioni laterali, inducono, non senza polemiche, a tentare la parziale ricostruzione del frontone, utilizzando i frammenti di materiale via via recuperato. Un importante finanziamento statale consente di portare a termine le opere, poiché “è vanto della civiltà fascista il dare impulso alle opere del tempo di pace pur mentre al nazione è impegnata in una grande dura guerra”, come ricordava il quotidiano “Il Popolo di Brescia”. Il complesso bresciano si rivela, dunque, come uno dei maggiori e più grandiosi dell’Impero, con il Capitolium alto più di venti metri sopra la piazza, e la gloria dell’utilizzo del bianco marmo di Botticino.
Il bimillenario della nascita di Augusto – con le autorità in camicia nera a tenere i discorsi ufficiali proprio fra quelle colonne appena innalzate, dove si posiziona un nugolo di balilla e figli della Lupa – è occasione trasformata in evento straordinario, assumendo una funzione di enorme rilevanza perché pubblicizza insieme ai meriti locali anche l’ideologia politica ispiratrice. La data diviene così occasione per presentare le conquiste del fascismo, celebrare la sua storia, fornire tangibilità e materia a questi risultati, destinati, grazie alla fotografia, alla non immediata caducità.
Ma a fotografare lo storico evento in data 11 aprile 1938 non è il nostro Giovanni Negri. Serve un uomo più fidato: il fotografo del regime.
[Marcello Zane]