ADOLPH DE MEYER, IL DEBUSSY DELLA FOTOGRAFIA
Adolph De Meyer nacque nel 1868 a Parigi, da un ricco padre tedesco e madre scozzese.
Nel 1899 sposò Olga Caracciolo dei Duchi di Castelluccio, donna molto colta ed elegante, campionessa di scherma e musa di molti pittori, tra cui Boldini e Sargent.
La loro relazione durò trent’anni, nonostante fosse un matrimonio di convenienza, in quanto era noto che De Meyer fosse omosessuale e Olga bisessuale.
Iniziò a fotografare da autodidatta durante gli anni dell’adolescenza, fu talmente precoce che nel 1893 venne ammesso alla Royal Photographic Society.
Nel 1895 si trasferì a Londra dove iniziò ad esporre nei maggiori circoli fotografici della città.
La coppia frequentava i circoli ed i personaggi più in vista dell’epoca e fu grazie a queste conoscenze che Adolf divenne il ritrattista più pagato al mondo. Fu senza dubbio un dandy eccentrico, capace poi di influenzare tutta la fotografia di moda della prima metà del XX secolo.
Possedeva un talento unico ed era estremamente raffinato nelle sue scelte tecniche: usava un obiettivo coperto da una garza di seta per ottenere bordi sfocati trasformando così i tratti dei soggetti in maniera evanescente ed impalpabile.
Riuscì a creare uno stile preciso ed identificabile, era infatti egli stesso che si occupava di tutto, dalla scelta delle modelle agli abiti da fotografare, fino alle composizioni floreali che avrebbero fatto da cornice agli scatti.
Tra i trucchi che utilizzava per esempio bagnava il pavimento con dell’acqua per creare riflessi e inseriva una luce molto morbida nell’abito della modella per illuminarne il volto.
Aveva un’attenzione esasperata per i dettagli, per i vestiti, per gli arredi. Tutto doveva essere perfetto, con il risultato di immagini di donne eteree, irraggiungibili in un’atmosfera trasognata, che rispecchiavano un mondo preciso, fatto di lusso ed agiatezza, il tutto in chiave pittorialista, come la moda fotografica imponeva.
Nel 1912 conobbe la Marchesa Luisa Casati ed il ritratto che le fece venne esposto alla Galleria 291 di Stieglitz a New York, catapultandolo nell’olimpo della fotografia.
Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale si trasferì a New York dove divenne il primo fotografo a contratto per Vogue e poi per Vanity Fair. Nel 1921 firmò un contratto con Harper’s Bazaar e per questo Vogue non lo perdonò mai.
Troviamo una notevole differenza rispetto a quella che era l’immagine della moda prima dell’utilizzo della fotografia sulle pagine patinate: prima c’erano i disegni di importanti artisti, come Christian Berard e Erté, che illustrarono le riviste con tavole che ben rispecchiavano i gusti e le correnti artistiche del periodo. Poi arrivarono i fotografi specializzati nella moda, come il Barone, a cui seguirono altri innovatori come Horst P Horst e George Hoyningen-Huene.
Con la Seconda Guerra Mondiale il Barone De Meyer (aveva ricevuto il titolo nobiliare da Edoardo VII) si trasferì ad Hollywood, limitando la sua vita sfrenata e continuando a fare il ritrattista.
Morì nel 1946 e venne definitò da Cecil Beaton “Il Debussy della fotografia”.
[Luisa Bondoni]